Da vicino nessuno e’ normale.
Se nasci a Ferrara e vivi a Amsterdam e’ piu’ facile non essere normale.
E se nasci a Ferrara e vivi a Amsterdam la bicicletta e’ nel tuo destino.
Ho la fortuna di non possedere un auto e di allenarmi in bici tutte le volte che posso.
Vivo seduto davanti a un computer.
E intrappolato in un corpo che una natura matrigna flagella di infortuni nelle disperata ricerca di finire un ironman prima di morire o di morire cercando di finire un ironman.
Mi chiamo Achab e queste biciclette sono la mia balena.
Perche’ ognuno ha la sua balena…..
Prima di tutto vorrei dire GRAZIE all’amore della vita mia, Lucia (“amore, giuro che questa e’ l’ultima bici”), e chiedere scusa Elvis e Fidel (miei figli) per tutto il freddo che prendono ogni mattina quando li porto a scuola sul bakfiets.
E poi ringrazio i geni, gli artisti, i registi, gli inquieti che ho remixato nelle mie biciclette e a cui ho rubato frasi, immagini, parole, opere e omissioni.
“Putroppo anche le brave persone diventano pirati in un mondo in cui le regole appaiono assurde”.
E anche questa frase e’ rubata a Remix di Lawrence Lessig…..
GRAZIE: tante persone mi hanno aiutato in questo progetto e senza di loro non sarei mai riuscito a avvistare la mia balena: uday, joost, ian, claudio, vince, mister bernd, marcel, martijn, Romeo & Carmen, mirko che ha fatto le foto del sito.
E grom, che ha acceso la miccia!
GRAZIE ai miei Amici: uomo lupo, ironman ironico, king of pain e masterchef, con cui tanti anni fa abbiamo cercato di far partire un business di biciclette e che mi hanno fatto sognare, ridere, passare riunioni fantastiche e anche capire che come diceva mio nonno “le seghe e gli affari bisogna farseli da soli”.
E un GRAZIE speciale a carlo talamo, che tanti anni fa, in Via Niccolini, mi regalo’ un suo libro con questa poesia:
“Giorni. No mesi. Ma no anni. Neanche. Una Vita. C’ho messo una vita. Per trasformare in gioco quello che per tutti e’ tortura. Sono cresciuto sentendo dire che se il lavoro e’ salute, meglio la lebbra. I napoletani dicono “faticare” invece di lavorare. Ma no, io non ricordo un giorno di fatica. Ricordo una stanza morbida con tanti giocattoli e me al centro che allungo le mani e tocco vernici lucide. Cromature dolci. Acciaio forte. E adesso sto qui. In questa Numero Uno dove vivono fuori dal tempo che si chiamano Harley. Avevo quattro anni e gia’, con mani grassocce e traballanti, disegnavo sgorbi confusi che io chiamavo motociclette e che, anche se non lo sapevo, avevo due cilindri a V. Non e’ mai passata. Non passa piu’. Questa malattia lieve che mi lega a qualcosa che non so spiegare. Che non ho mai cercato di spiegare. Qualcuno la conosce. Qualcuno no. Non e’ importante. Ci sono mille cose che non conoscero’. Chiuso come sono in un mondo di bulloni, di manubri e cilindri. E di motociclette che da 90 anni ricopiano se stesse. Sempre uguali. Diverse tra loro. Sempre nuove. Perche’ io non abbia a stancarmi di giocare.”
Perche’ ognuno ha la sua balena.

> Perché Achab e chi è?
Per me Achab e’ qualcuno alla ricerca. Un po’ come Willard in Apocalypse now o come i samurai. Alla ricerca di qualcosa che ti affascina ma che spesso e’ meglio non trovare: che sia il colonnello Kurz o che sia la morte in battaglia per i samurai.
Per me Achab e’ il viaggio, magari dentro se stessi. E anche qui delle volte e’ meglio non partire…..
Per me achab e’ chi, cercando il nemico, trova se stesso.
> Nasci a Ferrara e vivi ad Amsterdam. Due città profondamente legate alla bicicletta. Un destino segnato il tuo?
Ho ricordi bellissimi legati alla bicicletta e a queste due meravigliose citta’: il primo e’ sul cannone di una Taurus nera di mio nonno, mi portava in giro cosi’ e mi raccontava delle storie della guerra (che non aveva fatto). E l’ultimo e’ quotidiano, quando carico i miei figli su un BakFiets, le bici con il cassone di legno davanti, e li porto a scuola prima di andare in ufficio. E’ il nostro momento di preparazione alla vita, una specie di bolla solo nostra, prima di affrontare la realta’.
> Achab è ossessionato unicamente dal dare la caccia alla mostruosa balena bianca che gli ha mozzato una gamba. Oltre ad avergli tolto una parte di sé lasciandolo mutilato, la balena gli ha dato anche la sua unica ragione di vita. Tu stesso dici che la bicicletta è la tua balena.
Cosa ti ha donato e c’è qualcosa invece di cui ti ha privato?
I doni sono numerosi e solo per citarne alcuni: da come ci si sente grandi quando ci tolgono le rotelline o quando portavi la prima morosa sul cannone della bici e annusavi il profumo dei suoi capelli. E il vento e il sole e la pioggia e il freddo se lo pratichi come sport o quando guardi giu’ dalla cima dello stelvio.
Forse quello che mi ha tolto, di recente, e’ un po’ di sonno: quando cerchi di trasformare la tua passione in un lavoro, le cose cambiano.
> La “ciclosofia” sostiene che quando si è in bici la percezione del mondo che ci circonda, ma anche di noi stessi, è diversa. Cosa significa per te pedalare?
Gli eschimesi hanno tantissimi modi per dire neve. Pedalare per me ha mille significati diversi, dipende dalla compagnia, dalla meta, dalla bici, se torni da aver fatto la spesa con tre sacchetti appesi al manubrio o se ti stai alleando. Pedalare per me e’ sempre una sorpresa.
> Cosa rappresenta nella tua vita costruire biciclette per gli altri e utilizzarle come tela? >come scegli i soggetti che riproduci sulle tue bici?
Io in realta’ le biciclette le faccio per me, e quindi mi rappresentano o meglio rappresentano le mie passioni. Poi incidentalmente cerco di venderle. Ma il pensiero non e’ il mercato, cosa che a volte non aiuta…..
> Il 5% del ricavo dalla vendita di una bicicletta va al World Bike Relief e un altro 5% a un progetto di charity che stai seguendo personalmente in Zambia. Ci vuoi dire di cosa si tratta?
in Zambia, a Livingstone, c’e’ un progetto che seguiamo da anni, e’ una scuola (YCTC) di formazione professionale per giovani in difficoltà (orfani) che offre corsi in falegnameria, sartoria, meccanica, catering. La forza della scuola e’ che sta diventando sempre più autonoma finanziariamente vendendo i prodotti realizzati dalle unità produttive della scuola. Non e’ un progetto di charity fine a se stesso ma e’ un progetto che funziona, sostenibile che invece di regalare un pesce insegna a pescare, per citare il famoso detto perché crea delle competenze, e aiuta i giovani a crearsi un futuro migliore. Il nostro sogno, in futuro e’ installare una sezione di produzione di bici per Livingstone, dove, come ancora nel resto dell’Africa 1/3 del trasporto delle merci avviene ancora sulla testa delle donne.